Licenziamento per fatti precedenti all’assunzione
È legittimo il licenziamento per comportamenti precedenti all’assunzione che possano ledere l’immagine dell’azienda?
Pensiamo al caso di un lavoratore che abbia commesso un reato, ormai prescritto in sede penale e dunque non più punibile, ma di entità così rilevante da poter determinare un forte imbarazzo nei confronti della clientela o da far ritenere che le mansioni a questi delegate potrebbero essere svolte in modo non corretto.
Secondo la giurisprudenza, qualora il datore di lavoro dovesse venire a conoscenza di una condotta particolarmente grave, rilevante sotto il profilo penale, commessa dal dipendente prima della stipula del contratto di lavoro, sarebbe più che legittimo il licenziamento disciplinare. Ciò solo a condizione che il fatto sia di gravità e natura tali da ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia che lega l’azienda al proprio collaboratore.
Si pensi, ad esempio, ad un soggetto che abbia avuto precedenti penali per reati di particolare disvalore sociale – come il traffico di droga – e che poi si trovi a svolgere mansioni a contatto con minorenni. Di sicuro, nel momento in cui il pubblico dovesse venire a conoscenza di un fatto del genere, l’attività potrebbe subirne un irrimediabile danno.
Una recente pronuncia della Cassazione ha stabilito la legittimità del licenziamento intimato per comportamenti tenuti prima dell’assunzione ed emersi in epoca successiva all’inizio del rapporto, purché di gravità e natura tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario (Corte di Cassazione, Sentenza 13 dicembre 2022, n. 36461)
In ogni caso, affinché il provvedimento espulsivo possa ritenersi legittimo, è necessario che il datore di lavoro abbia preso conoscenza del fatto solo dopo l’avvio del rapporto lavorativo; se infatti questi ne era già consapevole prima dell’assunzione non può poi “cambiare idea”.
– Articolo a cura di Marco Zaia, Partner d’Impresa Legal