Come contenere il costo del lavoro e aumentare il potere economico del dipendente

Come contenere il costo del lavoro e aumentare il potere economico del dipendente

l benessere in azienda e la soddisfazione del personale sono elementi indispensabili per la retention. Oggi più che mai è importante porre grande attenzione al clima aziendale che costituisce uno dei cardini su cui fondare la fidelizzazione del personale, vera risorsa dell’azienda.

Per raggiungere questi obiettivi, è necessario adottare politiche gestionali delle risorse umane evolute, che tengano conto delle aspirazioni e dei punti di forza di ciascuno, che prevedano piani di carriera fondati sulla formazione e sulla crescita personale e professionale.

Se a questo si aggiungono misure protese ad aumentare il potere di acquisto dei dipendenti senza affossare l’azienda con costi esponenziali si è ottenuto un mix particolarmente favorevole per trattenere il personale.

Buoni pasto, buoni spesa, fringe benefits, welfare sono tutte misure che mirano a raggiungere l’obiettivo appena descritto.

Buoni pasto (o ticket restaurant che dir si voglia): il datore di lavoro può erogare buoni pasto per ogni giorno lavorato (escluse quindi le assenze di ogni genere) e, utilizzando il sistema elettronico, fino a 8 euro al giorno azienda e dipendente non subiscono nessun costo.

Ipotizzando buoni pasto da 8 euro al giorno, in un mese con 20 giorni lavorati, il lavoratore percepisce 160 euro netti.

Fringe benefits e buoni spesa.

Per la generalità dei dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi, il limite di esenzione del fringe benefit e dei buoni spesa è fissato a 258 euro all’anno.

Entro questa soglia è possibile, senza costi aggiuntivi, concedere buoni spesa (mono marca o multi-brand) facendo attenzione a non superare il limite sopra indicato.

Questo limite è valido anche per la quantificazione del beneficio in natura derivante dall’assegnazione dell’auto in uso promiscuo, del cellulare aziendale in suo promiscuo, del tablet, pc o altro dispositivo informatico in uso promiscuo (uso per lavoro e privato).

Nel caso dell’assegnazione dell’auto, si ha sempre il superamento della soglia con il conseguente obbligo di assoggettare tutta la somma a tasse e contributi.

E, dulcis in fundo, welfare.

Con il welfare non si erogano somme di denaro ma beni o servizi.

Si può spaziare tantissimo: servizi di ogni tipo per il dipendente e per la sua famiglia pagati direttamente dal datore di lavoro: eventi culturali (cinema, teatro, concerti, mostre, corsi formativi di ogni genere, check-up sanitari), tessere a circoli sportivi (tennis, piscina, golf, bridge), abbonamenti a strutture sportive, e poi viaggi, riviste, cure odontoiatriche.

E ancora servizi pagati dal dipendente per un suo familiare e rimborsati dal datore di lavoro: spese sostenute per la scuola dei figli (rette scolastiche, mensa, libri, gite, ecc), ma anche formazione extrascolastica (studio all’estero, attività sportive, trasporto).

Per adottare un piano di welfare è necessario conoscere a fondo le persone che lavorano in azienda così da includere servizi e rimborsi che soddisfino realmente loro bisogni.

Dal punto di vista burocratico è necessario stipulare un accordo sindacale di II livello oppure, in caso di assenza di rappresentanza sindacale in azienda, è possibile adottare un regolamento che contenga tutte le condizioni di utilizzo della somma destinata a welfare: entità della somma, i destinatari, la durata del piano, modalità di utilizzo dei servizi o dei rimborsi, cosa succede in caso di nuovo rapporto di lavoro o di cessazione del rapporto di lavoro.

Sui buoni pasto, buoni spesa, welfare, che di fatto portano ad un incremento economico a disposizione del dipendente, possiamo stimare approssimativamente un risparmio per l’azienda di circa il 30/35 % di costo.

Esempio

Per riconoscere 100 euro di aumento netto ad un dipendente, dobbiamo stimare circa 2,5 volte il costo per l’azienda.

Il dipendente percepisce 100 euro netti e l’azienda sopporta un costo di 250 euro.

È quindi vantaggioso utilizzare uno dei sistemi remunerativi qui descritti.

Un altro capitolo importante nel contenimento del costo del personale è la scelta di gestione dei costi connessi all’utilizzo dell’autovettura.

Ipotizziamo di avere in azienda un venditore che si reca quotidianamente in visita ai clienti. Quale può essere il metodo migliore per gestire i costi e soddisfare l’esigenza economica e vita del dipendente?

Facciamo degli esempi

1. auto aziendale assegnata al dipendente solo per scopo lavorativo

Il dipendente può usare l’auto solo per lavoro. Quindi dovrà avere un mezzo proprio per andare e tornare dalla sede aziendale.

Il dipendente da questa soluzione non ricava alcun vantaggio.

L’azienda deduce i costi relativi all’autovettura nel limite del 70%.

Se l’auto fosse assegnata ad un cococo o amministratore dedurrebbe solo il 30%.

2. auto aziendale assegnata al dipendente in suo promiscuo

Il dipendente può utilizzare l’auto sempre, sia per lavoro che nel tempo libero che per andare e tornare dalla sede di lavoro.

L’uso promiscuo comporta l’obbligo di valorizzare il fringe benefit (cioè il beneficio in natura derivante dall’uso privato dell’auto) e su questo valore, dipendente e azienda, pagano tasse e contributi.

L’azienda deduce i costi relativi all’autovettura nel limite del 70%.

In più deduce il costo del fringe benefit.

3. rimborso chilometrico

Un’altra soluzione è quella di accordarsi con il dipendente affinché usi la sua macchina. In questo caso il datore di lavoro provvederà a riconoscere al dipendente una somma equivalente al valore stabilità dalla tabella ACI in relazione alla tipologia di auto, moltiplicato per il numero dei chilometri percorsi per lavoro.

Nel valore unitario previsto per ogni chilometro in relazione alla tipologia dell’auto, oltre al costo del carburante è contenuto anche il costo relativo all’usura degli pneumatici, delle componenti meccaniche e più in generale al deperimento dell’autovettura.

L’azienda deduce interamente il costo risultante da nota spese.

Per la scelta di uno dei 3 sistemi proposti non si dovrà tenere conto solo dell’impatto dei costi sul bilancio aziendale ma anche della soddisfazione del dipendente.

 – Articolo a cura di Laura Pozzi, Partner d’Impresa Labor Milano

Articoli simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *